
Lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, al Ministro dell’Interno Angelino Alfano, al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, ai Sottosegretari di Stato della Giustizia e dell’Interno.
I recenti tragici eventi di Parigi hanno evidenziato tutta la fragilità degli apparati di sicurezza e di controllo del territorio francesi di fronte, va detto, ad un pericolo che, per sua natura, è comunque difficilmente controllabile, specialmente quanto assume le caratteristiche di quello che viene oggi definito “terrorismo molecolare”, agito cioè da singoli attori o piccolissimi gruppi, che si innesca a seguito di processi di indottrinamento fai da te operati sul web.
L’allarme si è rapidamente esteso a tutto il mondo occidentale, e ci chiediamo quale sia la situazione in Italia, atteso come la defaillance parigina appartenga ad uno Stato che per preparazione, mezzi e risorse a disposizione, nella tradizione, rappresenta una eccellenza a livello mondiale.
Abbiamo fondate ragioni per credere che la situazione in Italia sia preoccupante: al di là del livello e dell’attualità del pericolo di un attacco terroristico sul nostro territorio (possibile, probabile o imminente), è indubbio che la condizione in cui operano le nostre forze dell’ordine non può non destare fondati allarmi.
Abbiamo spesso evidenziato come una sconsiderata politica fatta di tagli lineari, all’interno del comparto sicurezza e di quello della giustizia, abbia determinato oggi delle gravissime carenze nelle risorse, nei mezzi a disposizione, nel numero degli operatori e nel loro aggiornamento.
Anche il blocco dei contratti e delle retribuzioni costituisce una fortissima criticità per questi settori, che ha inevitabili ricadute sull’efficienza dell’apparato, come la recente vicenda della Polizia municipale di Roma Capitale, una vicenda dove si è dato ampio spazio a facili strumentalizzazioni, criminalizzando un’intera categoria a fronte delle condotte di alcuni, forse al fine di distogliere l’attenzione dalla reale natura della questione, che riguardava una legittima rivendicazione degli operatori di polizia.
Sicurezza e Giustizia rappresentano due settori vitali per la tenuta delle istituzioni democratiche di un Paese, non è pensabile che le pur comprensibili politiche di rigore vadano ad indebolirli e a minarne l’efficacia della loro azione di contrasto del crimine.
Sicuramente i tagli vanno fatti, ma sugli sprechi, sulle duplicazioni, in poche parole su tutte quelle fattispecie che di base sono comuni senza impoverire e modificare le capacità specifiche di azione ed intervento.
Oggi, alla luce del nuovo allarme terrorismo, sta emergendo la necessità di un coordinamento e di una unitarietà di intenti, di decisioni e di modus operandi a livello europeo: si parla appunto di polizia europea, mentre in Italia alle cinque operanti in specifici settori se ne aggiungono molte altre a livello locale, con dei costi che divengono elevatissimi.
Ma la politica della sicurezza deve andare oltre e abbracciare anche quella dell’immigrazione, dell’integrazione sociale, del lavoro, della casa.
La vicenda del rione romano di Tor Sapienza ha dimostrato che la fenomenologia delle banlieue parigine non ci è poi così estranea: immigrazione incontrollata, profondo disagio sociale, disoccupazione, contesti abitativi emarginanti, rappresentano un mix esplosivo sul quale può facilmente attecchire una protesta sociale la cui escalation non sempre è prevedibile e controllabile, e può degenerare in pericolosissime derive, inclusa quella terroristica.
Crediamo quindi che l’azione del nostro Governo in tema di sicurezza e di giustizia debba essere doppiamente sinergica: sul fronte europeo, al fine di ottimizzare l’impiego delle forze in campo per la lotta al crimine ed al terrorismo (forze di polizia, intelligence, magistratura) da parte di tutti i Paesi; sul fronte interno, nel concretizzare politiche che siano orientate alla sicurezza dei cittadini cioè capaci di ricomprendere quelle sul lavoro, sulla casa, sull’integrazione sociale, sull’immigrazione, al fine di creare un terreno sul quale le piante malate del crimine e del terrorismo non possano più alimentarsi.
Altrimenti, non potremo abbassare quel cartello che oggi dobbiamo tenere alto e ben in vista: je suis en danger, nous sommes en danger, siamo tutti in pericolo.
Il Segretario Generale CISAL-CFS
Valter Rossi
Il Segretario Generale CISAL-FPC
Paola Saraceni
Scarica il PDF